Produzione in Portogallo
Il Portogallo è il quarto produttore di riso dell’UE dopo Italia, Spagna e Grecia. Un settore che vede impegnati circa 2.000 agricoltori nella coltivazione e 500 operai nelle 10 riserie esistenti nel Paese. In tutto sono circa 10.000 le persone direttamente coinvolte nella produzione del riso, a cui si aggiungono le 5.000 che hanno un coinvolgimento indiretto.
L’area agricola destinata alla coltivazione del riso equivale a 28.000 ettari, con una produzione che si attesta sulle 5,6 tonnellate per ettaro. La maggior parte della superficie coltivata è destinata alla tipologia di riso Carolino (Japonica), con 22.000 ettari, mentre i restanti 6.000 ettari sono dedicati alla coltivazione della Agulhas (Indica), estensione che può variare in base agli anni.
Le varietà di riso coltivate in Portogallo sono tutte riconducibili al lungo A e Lungo B. Le più utilizzate per la coltivazione sono di origine italiana e spagnola, ma da qualche anno sono state introdotte alcune varietà autoctone che nel futuro prossimo potranno avere un ruolo molto importante.
La quantità di riso prodotto in media negli ultimi 5 anni è stata di 160mila tonnellate annue di risone, equivalente a circa 110mila tonnellate di riso bianco. La quantità di riso importato (Agulha, Basmati, Jasmine, varietà italiane per risotto, ecc.) si attesta in media, negli ultimi 5 anni, sulle 175mila tonnellate di riso semigreggio, mentre le esportazioni di riso (Carolino) semigreggio e lavorato equivalgono a 85mila tonnellate. Il saldo netto negativo della bilancia commerciale è di 90mila tonnellate.
La quantità di riso lavorato venduto dall’industria è di 200mila tonnellate, con un consumo interno di 160mila tonnellate. La produzione nazionale portoghese riesce a soddisfare il 55% della domanda interna. Il fatturato complessivo della produzione agricola del riso si attesta sui 55 milioni di euro, mentre quello dell’industria e della catena distributiva ammonta a 200 milioni di euro. I portoghesi consumano 16 kg di riso pro-capite all’anno, una quantità che supera di ben quattro volte la media dei Paesi UE e che li pone al primo posto in Europa.